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Le etichette - la storia

L’ Etichetta del vino è molto più antica di quanto comunemente si crede. Tuttavia in riguardo all’antichità sarebbe molto più corretto parlare di “incisioni” che venivano praticate su anfore di terracotta che i romani erano soliti utilizzare come recipienti per il vino.
Si infatti soliti indicare, come “ prima etichetta ”, l’iscrizione rinvenuta su un’anfora in cotto di epoca romana risalente al 51 d.C. ove si legge la seguente didascalia : “ Vesvini / Imp – Vesp - C° S ” ovvero, “ Vino del Vesuvio, Imperatore Vespasiano Console ”. Su un'altra anfora si è rinvenuta la seguente incisione : “ Lun – Vet – A / III – R / X / M / Valeri Abinnerici / Cornelia ” e cioè “ Luna Vecchia, di anni 3, rosso, prodotto da Valerio Abinnirico e Cornelia ”. In seguito i Galli inventarono le Botti, le quali venivano “etichettate” attraverso un’ incisone sul legno. Con il metodo dell’incisione o dell’iscrizione su botte si arrivò fino al Seicento, epoca nella quale si era diffusa la bottiglia di vetro divenuta nel frattempo meno rara e costosa.
Il monaco benedettino Dom Perignon creò il metodo “ Champenoise ” che permise alla bottiglia ed al tappo di sughero di entrare da padroni nel mondo dell’enologia. Si lavorò anche sulle etichette, perché, non essendo tutte uguali le bottiglie di Champagne andavano contrassegnate con l’indicazione dell’annata, della provenienza e della qualità. Per Etichette furono utilizzate targhette in legno o pergamene arrotolate, tenute al collo della bottiglia con un pezzo di spago. Rimangono testimonianze di etichette stampate al torchio e datate alla metà del 700 della ditta Claud Moet ( oggi Moet Chandon ).
La svolta si ebbe nel 1796 quando il cecoslovacco Aloys Senefelder inventò la litografia, grazie alla quale si potevano ottenere copie e copie delle medesima etichetta.
Nel frattempo la nascita dell’industria del vetro e l’incremento dei trasporti a lungo percorso, fecero aumentare la richiesta di bottiglie ed i produttori di vino dovettero quindi garantire l’acquirente etichettando le bottiglie. Inizialmente si trattò di etichette generiche, stampate quasi esclusivamente nel classico stile inglese del “Bodoni” o in gotico, dove il produttore imprimeva il nome del vino, il proprio nome e l’annata su “ rettangoli di carta molto ornati. Man mano che si andavano perfezionando le nuove tecniche di stampa, si perfezionarono anche “ le etichette ” grazie al contributo di abili artigiani e pittori, che vollero dar loro una veste artistica.
Le tecniche di stampa si sono evolute con grande velocità ed oggi esiste una gran varietà di sistemi di stampa e di materiali diversi. Indagini di mercato, infatti, hanno evidenziato che il consumatore , di fronte alla ricca offerta di prodotti appartenenti alla stessa categoria, spesso effettua la propria scelta in funzione del messaggio che la confezione trasmette.
Il vino non fa certamente eccezione a questa regola e del resto è sufficiente osservare l’evoluzione che ha interessato le etichette negli ultimi 15 anni, per comprendere l’attenzione che i disegnatori grafici, i pubblicitari, le aziende di stampa e non per ultime le aziende vinicole, hanno posto su questo essenziale strumento di identificazione. L’ Etichetta non vuole essere mera presentazione, infatti, l’attuale legge italiana prevede ed impone l’obbligo di etichettare i vini apportando delle specifiche indicazioni riguardo alla provenienza del vino, al nome o alla sede dell’imbottigliatore, alla categoria d’appartenenza ( IGT, Doc, Dogc, ecc.), al grado alcolico, alla capienza della bottiglia ed alla data dell’imbottigliamento e, per i Doc e Docg, anche quella di produzione.
Per apprezzare a fondo l’enorme impatto comunicativo che le etichette dei vini hanno acquisito negli ultimi decenni, bisogna spingersi oltre il loro necessario valore, nel rapporto tra consumatore ed aziende, considerandole delle vere e proprie opere d’arte. Basti infatti pensare, che, in Italia, a Cupramontana (AN), esiste dal 1987 il Museo Internazionale dell’Etichetta del Vino.